Ciao a tutti in questa giornata di inizio settimana, da me freddissima… e come primo post di questo nuovo anno (anzi secondo post se contiamo quello degli auguri che ho fatto alla Befana) ho deciso di condividere con voi un bel delirio.
Un delirio che è un pezzettino di… non so di cosa… però è un pezzetto. Pezzetto che dedico a uno dei personaggi che preferisco tra tutti quelli che ho creato (almeno fino a oggi) l’ingombrante e fuori di testa Lauren, mamma/sposa di Tricia in Tutta colpa del matrimonio. Mamma e donna a tutto tondo, nel senso più pieno della parola, invadente, roboante, destabilizzante, folle. E che, oltre alla sua passione per gli Abba, ha la passione per le scarpe con la zeppa. E proprio di zeppe oggi voglio parlare. Scarpe o status symbol? feticcio o accessorio? una moda, quella delle zeppe che a cicli ritorna (purtroppo devo dire io) e come tutte le mode ha una storia e pure una storia che affonda le sue radici in tempi assai remoti… per cui come omaggio a tutti coloro che amano la moda, che fanno la moda o che la moda la snobbano (come me) spenderò qualche parola in merito a questo accessorio più unico che raro: la zeppa!
Si narra che un tempo, lontanissimo e perso nella storia, (parliamo dell’antica Grecia) la zeppa aveva fatto in qualche modo la sua apparizione nel mondo. Nonostante i greci preferissero i sandali o, meglio ancora, camminare scalzi. Esistevano alcune categorie sociali che adottavano calzature dotate di tacco. Una di queste categorie erano gli attori tragici che, per avere maggiore visibilità dovevano avere una presenza imponente per cui, oltre a maschere e parrucche indossavano delle scarpe con suola alta fatta di sughero, i coturni, poco aggraziate e nascoste dalle lunghe vesti, ma che facevano il loro dovere conferendo loro maggior altezza.
Un’altra categoria sociale che indossava scarpe/zeppe erano le cortigiane o etere (già allora c’era un po’ questa convinzione che una donna alta fosse più attraente, mito che io ritengo da sfatare soprattutto perché personalmente supero di pochissimo il metro e sessanta e riesco a cadere da tacchi di due centimetri, per cui basta con questi luoghi comuni!). Comunque torniamo alle nostre cortigiane. Le scarpe che usavano indossare venivano chiamate baucides, erano di colore giallo zafferano, con zeppa di sughero e, pensate un po’, sotto di esse venivano incisi messaggi per pubblicizzare diciamo il loro servizio. Quando la donna camminava lasciava sulla sabbia messaggi che venivano letti da potenziali clienti. Una sorta di marketing promozionale ante litteram.
Ma la zeppa resistette anche in epoche successive. Gli etruschi presero spunto dalle calzature greche per realizzare nuove calzature più elaborate e preziose, realizzate anche con cinghie dorate. L’eredità della zeppa passò poi ai romani. Le zeppe, anche se modificate, arrivarono fino nel Medioevo epoca in cui si faceva uso di zoccoli, sia piatti che con il doppio rialzo i quali, nel corso del tempo, diventarono pianelle e chopines, che potevano essere incredibilmente alte e che divennero un vezzo di moda anche nel Rinascimento.
Si pensi che le pianelle potevano arrivare a un’altezza di 50 centimetri (non so voi ma io, al primo passo, avrei già rotto entrambe le gambe in più punti e forse pure la spina dorsale). Ma la cosa veramente curiosa era che questo genere di scarpe veniva indossato dalle donne (pensate che esisteva una legge che ne regolava l’altezza in base al livello sociale, come erano avanti eh?) ma anche dagli uomini. Quelle riservate agli uomini però erano più basse e chiuse (mentre quelle femminili erano aperte dietro).
In realtà bisogna dire che questo tipo di calzature era stato inventato, almeno all’origine, per evitare camminando di sporcarsi (non dimentichiamo che all’epoca l’asfalto non esisteva e le strade non erano come le nostre ma spesso erano solo tratti di melma, fango e tanti bei ricordini di cavalli e animali di ogni sorta). Naturalmente aveva anche un’altra funzione. Mogli e figlie erano molto più controllabili dagli uomini di famiglia vista la difficoltà di movimento (considerando l’assurda altezza spesso le donne dovevano essere aiutate da ancelle per camminare anche per brevi tratti e ti voglio vedere, donna del Rinascimento, a defilarti dal gruppo per incontrarti con l’aitante e giovane muscoloso che hai puntato, solo il tempo che ci metti a raggiungerlo te lo ritrovi bolso, calvo e con la pancetta).
Le pianelle divennero uno status symbol e hanno poi tutta una storia a sé. Per la loro evoluzione, i colori, il materiale e le decorazioni hanno contribuito a creare una bella fetta di storia del costume, soprattutto negli ambienti aristocratici. Ma non mi dilungherei oltre (magari un’altra volta). Tornerei invece al nostro argomento principe: la zeppa. Che è tornata nella nostra vita (e anche in Italia) nel XX secolo. Precisamente negli anni ’30, periodo in cui le sanzioni economiche avevano ridotto all’osso la possibilità di procurarsi materiali per la fabbricazione di beni di prima necessità.
E come si è sempre detto: la necessità aguzza l’ingenio. Proverbio che non risparmia nemmeno i creatori di moda. Che aguzzarono il loro ingenio cercando soluzioni alternative alla mancanza di materiali. Fu così che a Salvatore Ferragamo venne la geniale intuizione di utilizzare un materiale alternativo all’acciaio tedesco che serviva per costruire i cambrioni metallici (una sua creazione) che servivano per rinforzare l’arco del piede. Inventò così la zeppa di sughero, che venne brevettata nel 1937. Problema dei materiali risolto, nuova moda lanciata. Successo assicurato considerando che questo tipo di calzatura consentiva alle donne di indossare scarpe alte ma decisamente più pratiche e stabili (ecco forse dovrei provare anch’io, una bella zeppa e potrei sembrare più alta senza il rischio di rompermi le ossa a ogni passo).
Era nata una stella: la zeppa. Che nonostante i numerosi decenni continua a resistere e ciclicamente a tornare come accessorio indispensabile per chi vuole essere alla moda.
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Però vi avviso: le zeppe le trovate solamente in Tutta colpa del matrimonio ai piedi della nostra amata Lauren.